per me lo studio tiene in "movimento". significa trovare nuove informazioni per creare nuove strade, per andare oltre ai risultati ottenuti.
Per aver voglia di studiare bisogna avere l'umiltà di riconosce di non sapere e il desiderio di migliorarsi.
Nella mia storia personale è stato essenziale, senza la voglia di migliorarmi, senza la ricerca di nuove informazioni non avrei mai percorso nuove strade, non avrei mai raggiunto nuovi obiettivi

Per me è stato essenziale adattarmi al cambiamento del mio corpo per riuscire a raggiungere risultati importanti. Un po’ come l’acqua che prende la forma del contenitore dove la metti. Il mio corpo è diventato ai miei occhi una “cosa”, uno strumento con delle criticità e delle potenzialità. Ho perciò cambiato il modo di pensare al mio corpo. Pur sapendo dove volevo andare, non sapevo come ci sarei arrivato: come l’acqua che mantiene sempre la sua direzione verso il mare anche se prende a volte la forma di un fiume, a volte quella di un lago. Per quanto non sempre compia lo stesso tragitto perché l’ambiente cambia, la sua direzione, il suo scopo ultimo, rimane. Ho fallito moltissime volte, ho spesso dovuto trovare strade alternative, e questo mi continua ad accadere. Ma la mia direzione negli anni non è mai cambiata: essere soddisfatto di me stesso. Solo provando a mettermi in nuove situazioni ho potuto capire quali erano le mie reali potenzialità.

Questa è la sensazione che provo oggi, dopo essere stato insignito del premio Panathlon 2017 per aver incarnato i valori positivi dello sport: essere passato dall'essere considerato "sfigato" ad esempio. Quando un trauma ti rende invalido le persone non ti vedono più con gli stessi occhi, ti guardano con pena, compassione. Come se tutte le opportunità della vita venissero in un attimo negate, come se fossi ormai condannato a vivere una vita fatta ripieghi, di doversi accontentare delle briciole di opportunità che il mondo lascia alle persone come me. Persone che in seguito ad un trauma hanno ridotte capacità motorie ma non di pensiero, non di ideali, non di volontà, non di azioni. Ma questo il mondo sembra non vederlo più, sembra che l'unica cosa importante su cui si possa basare il giudizio di valore di una persona sia la sua "normalità": l'essere nel gruppo dei normali, almeno per quanto riguarda le apparenze, la fisicità.
Servono gesti eclatanti, che fanno sembrare l'impossibile possibile, quelli che fanno gridare al mezzo miracolo e che sbiadiscono l'impegno, la costanza, la determinazione. Quei gesti che fanno dire a chi guarda comodamente seduto sul divano: "si però lui..." e che hanno la funzione di creare una scusa in cui il "si però io..." può essere senza fatica nascosto in fondo al cassetto della volontà, del mettersi in gioco, del crederci.
Come scriveva Rudyard Kipling nella poesia "if", crederci fino a "costringere cuore, tendini e nervi
a servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
e a tener duro quando in te non resta altro 
tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”."
Non sono un super eroe, non sono un miracolato, mi sento di essere solo una persona che si è impegnata per raggiungere i suoi obiettivi. Il fatto che oggi i valori che ho messo in campo mi vengano pubblicamente riconosciuti mi riempie di orgoglio, mi fa provare la sensazione di essere passato dall'essere uno "sfigato" ad esempio. Un po' come se il nerd della scuola si fidanzasse con la più bella!